Un uomo lungimirante e sensibile ha realizzato una raccolta di capolavori artistici prima di donarla al FAI affinché tutti potessero goderne. Opere d’arte concettuale, luci e colori si fondono per regalare un’esperienza immersiva in un contesto naturalistico straordinario.

Immagine Copertina: Tele di David Simpson

Da anni mi ero ripromesso di andare a Villa Panza, bene FAI (Fondo Ambiente Italiano) dal 1996 quando Giuseppe Panza, allora ancora in vita, lo donò all’ente assieme ad un accurato plico di istruzioni su come gli sarebbe piaciuto arredare e allestire ogni singola stanza.  Incoraggiato da esortazioni di colleghi e amici finalmente, in un caldissimo sabato di luglio, l’ho presa d’impegno e ho convinto figlia e compagna a condividere l’esperienza con me.

Mi aspettavo una pomposa villa barocca con arredi d’epoca e opere antiche, ma mi sbagliavo. La villa, pur essendo curatissima e nonostante gli ampliamenti di architetti del calibro di Canonica e la ristrutturazione del Portaluppi, non è particolarmente appariscente dall’esterno, direi quasi respingente. Il suo carattere intimo e la sua bellezza si svelano solo una volta entrati. È una bellezza fatta di proporzioni ben studiate, di affacci sul rigoroso giardino all’italiana, di un rapporto interno/esterno enfatizzato anche dalla sensibilità di artisti contemporanei che, sfruttando luce e natura circostante, hanno creato opere d’arte ambientali di grande effetto (vedi James Turrell “Skyspace 1” e Robert Irwin “Varese Portal Room”).

Un’ opera di Dan Flavin

Il corpo di fabbrica si sviluppa a forma di “U” aperta verso uno spazioso panorama montano, la cui pista di lancio per raggiungere visivamente le vette circostanti, è costituita da un tappeto verde e regolare punteggiato da due grandi fontane e diverse piante di bosso scolpite a tronco di cono e a sfera. A lato un tunnel di carpini riquadra ora aiuole fiorite ora la città in lontananza prima di discendere verso sud dove il giardino, costellato di opere d’arte (tra cui la recentissima “Twelve Part Vertical Pipe Piece” di Jene Highstein, inaugurata nel marzo 2023), accarezza il fianco della costruzione.

La grande sorpresa, tuttavia, è stata conoscere l’antesignano Giuseppe Panza il quale grazie alla sua collezione di opere e alla cura con cui le ha posizionate all’interno degli spazi della villa, sembra guidarti stanza per stanza per mostrarti, in compiaciuto silenzio, come l’arte americana della seconda metà del ‘900 possa sposarsi perfettamente con ambienti di tutt’altra epoca. 

In ordine: Phil Sims, Phil Sims e Phil Sims particolare dell’immagine precedente dove si nota con che cura viene steso il colore per ottenere l’effetto di colorazione monocromatica intensa

Grandi tele dei maestri del colore David Simpson al piano terreno, e di Phil Sims al primo piano ci hanno tenuti incollati a fissarle con intensità per lunghi interminabili minuti. Poi il colore ha assunto una consistenza diversa diventando luce grazie alle sorprendenti opere di Dan Flavin capaci di rendere ambienti surreali gli antichi spazi settecenteschi solo tramite l’utilizzo di neon.

Sempre con la luce gli ambienti si trasformano. Il corridoio del secondo piano ad esempio cambia a seconda degli effetti combinati di luci al neon e luce naturale. Percorso tutto, e dopo aver visitato tutte le stanze che si aprono ai lati, esiste una porticina sulla sinistra che si confonde con il muro e che abbiamo aperto solo grazie al suggerimento di un gentilissimo volontario del FAI il quale ci ha detto che era la sua stanza preferita poiché gli “sembrava di entrare in paradiso” … ed in effetti è proprio così; James Turrel non si è limitato ad aprire una poetica lunetta alla fine del corridoio, ma ha creato un lucernario sul tetto  di in una piccola, alta stanza per fare entrare la luce zenitale e non contento ha illuminato dal basso la stanza con intensi led bianchissimi. Vi assicuro che il volontario aveva ragione…siamo entrati in paradiso e Dio ci ha colpiti con la luce più intensa che la mia retina abbia mai esperito.

In ordine: una vista del giardino all’italiana di Villa Panza, due opere di di Dan Flavin. Nella riga sotto: Robert Irwin, Dan Flavin e James Turrel (l’opera che nel testo mi sono permesso di chiamare “Il paradiso” dove la luce era talmente intensa da ferire la retina)

La visita merita davvero. Vi sono molte altre opere minimaliste, americane di arte concettuale, site specific, create proprio per l’ambiente in cui sono ospitate. Consiglio anche di fermarsi a vedere il video al secondo piano. Mezz’ora spesa bene che ti fa capire il ruolo fondamentale avuto dal collezionista nel far conoscere all’Italia l’arte contemporanea di autori americani che probabilmente non avrebbero avuto la rinomanza che hanno se non fosse stato per l’intuito di Giuseppe Panza. Altro consiglio che posso darvi è di acquistare il libro Giuseppe Panza. Ricordi di un collezionista” della Jaca Book che oltre ad essere un catalogo è un pezzo di storia d’arte contemporanea raccontata in prima persona e scritta come se fosse un romanzo.

James Turrel. Bellissimo il gioco di luce realizzato tramite un taglio stretto e orizzontale in prossimità del soffitto

Buona visita.